mercoledì 28 ottobre 2009

Ecco dove prendono la carne x3


Mercoledì, solita breve uscita con i superstiti dell' H1N1 (si ha colpito anche noi u.u).
Destinazione McDonald's di Castelletto Ticino. Io Joshua e Max.

Soliti menù, tutti e tre Big Mac con annessi McNuggets, o come li chiamano in sicilia mecnigghits, o come li chiamo io McNiggah.

Si parla del più e del meno finendo a parlare di matrimoni (abbiamo incrociato una coetanea già sposata) e di come avremmo poi chiamato i nostri figli.

Ci avviciniamo alla Giutumobile, quando nella pezza di prato che affiancava il mio mezzo ecco apparire ai nostri occhi la sottovisualizzata bestia...



Li per li un po spaventati, viste le dimensioni (mezzo metro di lunghezza e circa 10-15 kg di peso) c'è stato chi ha inneggiato a modificazioni genetiche, chi al gatto di Giovanni. Quando ecco la realtà: li sotto c'è l'allevamento di Ronald :O ! Ecco l'origine della gustosa carne dei nostri amati cheeseburger u.u .

In seguito ad alcuni tentativi di avvicinamento (ce l'avevamo a due metri) la bestiola se l'è data a gambe, secondo noi per la presenza dell'addetto del Mc uscito con una fiocina dietro la schiena. Peccato, avrei voluto addomesticarla :3.

In ogni caso fonti autorevoli la descrivono come tipica lontra dei torrenti ticinesi.

:V

P.S. : Auguri ai miei che oggi han fatto 20 anni di MATRIMONIO.

lunedì 26 ottobre 2009

martedì 20 ottobre 2009

Il pipistrello e la donnola

L’inverno bussava alle porte come un testimone di Geova rivenditore autorizzato della Folletto quando un giovane pipistrello in volo, travolto da una gelida folata di vento, cadde stordito nella tana di una tigre.

“Il buon cielo è stato generoso con me! “ – esclamò incredula la belva feroce – “Non si contano più i giorni che son digiuna e questo dono dall’alto è una chiara prova dell’esistenza di Dio. O di qualunque altra sia la divinità monoteista che la sottocultura religiosa della famiglia dei felidi alla quale appartengo abbia deciso di venerare. Farò di questo pavido pipistrello un sol boccone.”

“Mia cara amica,” – sussurrò il pipistrello in un estremo impeto di vitalità – “per quanto non possa fare a meno di meravigliarmi nel constatare che due animali, peraltro appartenenti a due specie completamente diverse, stiano conversando in un italiano formalmente ineccepibile, ciò che più mi amareggia è scontrarmi con l’evidenza che nel titolo di questa favola non si faceva affatto riferimento a tigri del cazzo, quanto ad una più mite e gracile donnola.”

“Sono stata aggiunta in postproduzione per venire incontro alle esigenze del pubblico gay.” – giustificò imbarazzata la tigre, magistralmente interpretata da un convincente Tiziano Ferro – “Tuttavia l’idea di sopperire all’inedia dell’inverno sfamandomi col tuo tozzo corpicino mi solleva.”

“Mi duole non poterti essere di nutrimento, famelica fiera. Ma osservami meglio: forse che io ti appaia davvero come quell’appetitoso pipistrello che le tue fauci avevan già pregustato? Sono in vero un semplice topo.”

“Adesso che me lo dici mi stupisco io stessa di non essermene accorta anzitempo: sei realmente un umile e indifeso topo di merda. Va’ via dalla mia dimora, infido roditore! Torna a gozzovigliare nel liquame, fetido abitante delle latrine! Va’ via, topo di merda!”

“Che mi sia quantomeno concesso di ringraziarti per avermi fatto salva la vita con un modesto dono.” – propose il pipistrello ancora tremolante.

“Via di qui, spregevole pantegana. Via! Via!” – incalzò perentoria la tigre.

“Ebbene così farò. Possa il cielo punirmi se mai ancora ti arrecherò disturbo.”

“Via, putrida creatura! Via, topo di merda!”

“D’accordo, me ne vado. Ciao.”

“Ciao.”

Nello strisciar via da una cruenta fine, il malconcio pipistrello ebbe modo di pensare: “Il Fato mi ha davvero giocato uno scherzo beffardo, ma devo ringraziarlo per avermi risparmiato. Tornerò a casa, farò una doccia, berrò qualcosa e vedrò uno speciale del National Geographic sulla riproduzione delle commesse di Yamamay in cattività. O quantomeno è ciò che farei se solo non fossi un pipistrello del cazzo.”

Fu proprio in quel momento che un gigantesco falco predatore gli barrò la strada.

“Non hai più scampo, infima creatura. Una volta che ti avrò agguantato coi miei artigli rapaci farò di te un pasto frugale.” – implorò atterrito il pipistrello.

“Quella era una mia battuta, coglione.” – lo redarguì il falco – “La mia forsennata ricerca di cibo mi ha infine condotto ad un lauto premio: sazierò il mio stomaco con questo sudicio topolino.”

“Possa questa apparentemente disgustosa poltiglia di muschio, ramoscelli e Ricky Tognazzi che sto calpestando essermi testimone dello spiacere che provo nel dover contraddire la tua rinomata vista" – rispose il pipistrello che, completamente offuscato dal terrore, ormai diceva frasi a cazzo di cane – “ma ti prego, guardami con attenzione: come mai potrei apparirti un sudicio topo se come te altro non sono che uno stanco e affamato uccellino?”

“Mio caro, la tua rivelazione mi desta sorpresa. La mia fedele vista non dev’essermi più compagna, se solo poc’anzi ti ho scambiato per un laido e ripugnante topo di merda. Ma ti giuro che anche adesso che me l’hai detto e ti sto guardando meglio mi vien difficile riconoscere in te un animale a me vicino. Devi essere proprio un uccellino del cazzo, caro mio. Tuttavia voglio credere alle tue parole e ti farò salva la vita.”

“La tua magnanimità mi commuove.” – sussultò il pipistrello.

“Non ringraziarmi, amico uccellino. Ti chiedo anzi perdono per averti atterrito. Ma adesso va’ via. Via! Via!”

“Che mi sia quantomeno concesso di ringraziarti per avermi fatto salva la vita con un modesto dono.”

“Mio caro, la tua offerta mi rende lieto, ma col tuo modesto dono mi ci pulisco il culo. Va’ via, amico uccellino! Via! Via!”.

Nell’allontanarsi in volo dallo scampato pericolo, il pavido pipistrello pensò: “La mia ora non è ancor venuta, ma il Fato ci sta davvero cagando la minchia. Non vorrei certo trovarmi in una di quelle storie di merda dove lo stesso episodio si ripete tre volte prima di arrivare alla morale finale, come nelle barzellette zozzone dei preti con le battone.”

Fu proprio in quel momento che un’astuta donnola lo agguantò.

“Lasciami indovinare: tu sei la donnola” – suggerì il pipistrello.

“Mi fa specie che tu mi abbia riconosciuta.” – esclamò sorpresa la donnola – “Vivo all’ombra degli altri animali e la gente ignora le mie fattezze. Mi usano solo quando giocano a città, animali e cose. Siamo io e Domodossola. Mi illudevo di essere nota quantomeno per la mia folta proboscide e le mie branchie opercolate.”

“Di che animali ti nutri, sontuosa donnola?” – anticipò scaltro il pipistrello.

“Tu sei furbo, amico caro. Ma il mio cervello bulboso e i miei lucenti zoccoli palmati da donnola mi rendono più astuta di te. Quando la tigre ti ha braccato, riconoscendo in te uno sventurato pipistrello, tu l’hai tratta in inganno presentandoti come un umile topo di merda. Quando invece è stato il falco a farti preda, è accaduto quanto facilmente apprendibile dalle righe precedenti che non riporto a beneficio della fluidità del racconto. La tua viltà ti ha finora messo a riparo da una morte crudele, ma alla lunga ti ha condotto alla disfatta. Tuttavia ti risparmierò, perché tu possa trarre insegnamento da questa sventura e perché gastronomicamente parlando i pipistrelli mi fanno cagare.”

“Ti ringrazio per la clemenza, amica misericordiosa.” – sbarnazzò il pipistrello, sorpreso tanto dalla grazia ricevuta quanto dall’avere emesso un verso inesistente.

“Va’ via, pavido pipistrello. Non tornare mai più.” – lo congedò la nottola, tergendosi le lacrime con un tentacolo. Un tentacolo che aveva trovato per caso sulla credenza in cucina.

“Mi sia almeno concesso di ricambiare la tua bontà con un umile dono.”

“Va’ via, pipistrello di merda! Via! Via!” – intimò Domodossola, con un decreto approvato all’unanimità dal consiglio comunale, complice l’assenza in aula dei Verdi.

“Ho finalmente imparato la lezione.” – fece tra sé e sé il fortunato pipistrello lungo il sentiero del ritorno – “Non verrò mai più meno alle infime mie origini, ma userò la mia indole subdola e opportunista per garantirmi la sopravvivenza”.

Così si dimise da segretario dei Radicali e divenne il portavoce del Popolo delle Libertà.

La morale è che malcelare la propria natura per trarne vantaggio non è mai conveniente, perché prima o poi si viene scoperti. Tranne dalle tigri e dai falchi, che sono troppo coglioni.

giovedì 15 ottobre 2009

Barely breathing

Controcorrente, menter tutti avanzano io cammino all'indietro, cerco sostegno nei passanti ma non riesco a recuperare la strada... Finchè inciampo e cado di schiena. Rimango a terra, fisso il cielo.
Le nuvole si muovono, si scontrano, piove. Ma nessun sole ad asciugare.